I Girasoli

Erano trent'anni fa. A posteriori posso anche dire che si trattava di marzo, anche se la data esatta non la ricordo.

A quel tempo ero uno studente di ingegneria, di poco fuori corso, e stavo scrivendo tarassacola tesi lavorando nell'allora prestigioso centro di ricerca della SIP, in Torino (oggi si chiamerebbe uno stage, ma, mi raccomando, staasg alla francese, non steidz pronunciato all'inglese, che vuol dire palcoscenico e fa molto meno fine).

Dopo aver fatto l'Universita' senza gravare sull'economia della mia famiglia, tutt'altro che agiata, cercavo di arrangiarmi con il rimborso spese dello CSELT (cosi' si chiamava il prestigioso centro di ricerca) ed a tal fine avevo trovato sistemazione in un buco monolocale mansardato nel pieno centro di Caselle Torinese. La vecchia casa si trova esattamente sulla rotta di atterraggio degli aerei, che in quel punto sfiorano letteralmente il tetto degli edifici, il che rende il luogo immobiliarmente meno appetibile e percio' piu' economico.

Tornavo la sera abbastanza tardi, con il trenino della Cirie' Lanzo; la stazione si trovava a pochi metri dalla mia abitazione. La sera mi godevo la compagnia della radio, neanche allora ero amante della TV. A sera gli aerei erano meno frequenti, e percio' riuscivo decentemente ad ascoltare la musica jazz e brasiliana trasmessa da Massimo Giardini su Radio GRP fino a quando, dopo l'ultimo atterraggio, potevo andare a dormire.

Non avevo Non tarassacograndi rapporti con i miei padroni di casa, se non per il pagamento, rigorosamente in nero e rigorosamente in anticipo, della pigione. I piemontesi sono noti per virtu' quali la gentilezza e la laboriosita', ma non certo per la prodigalita', e quando il mio padrone di casa una sera, dopo aver spiato il mio rientro, busso' alla porta con un regalo la cosa mi incuriosì.

Con l'aria ad un tempo allegra ma compresa, a sottolineare l'importanza dell'omaggio, mi porse un sacchetto di quelli di plastica del supermercato, rigonfio ma leggero, dicendomi: sono girasoli, li ho raccolti oggi, se ne vuole un po'... Io accettai di buon grado, senza osare chiedere ne' cosa fossero (girasoli? fiori? no, non sembrava un mazzo, ed il mio ospite non sembrava avere intenzioni galanti. Forse semi?) ne' che cosa avrei potuto farne, riservandomi di approfondire la cosa da autodidatta (allora non c’erano Internet e wikipedia, ed anche l'autodidattica era una cosa seria...).

Dopo aver ringraziato e licenziato il mio anziano affittacamere aprii il sacchetto per trovarvi dentro un groviglio di erbacce poco attraenti e per di piu' lorde di terra e di quello che sembrava (e, confermo a posteriori, era) letame secco. Non sapendo come trattare il dono che il mio anfitrione mi aveva porto con tanta solennità, lo lasciai da parte.

Il giorno successivo, preso dalle mie ricerche tecnologiche, dimenticai di informarmi Roberta in mascherasui girasoli, e la sera al rientro trovai le erbacce in pessimo stato di conservazione. Allora mi decisi, pur dovendo lottare contro l'innata parsimonia contadina che vieta lo spreco di tutto cio' che potrebbe essere commestibile (e quell'erba, forse, lo era?) a gettare il sacchetto ed il suo contenuto nella spazzatura.

Rividi i "girasoli" dopo qualche giorno, in un negozio di frutta e verdura, venduti come primizia a fianco di insalatine e carciofi. Avevano un aspetto sicuramente migliore di quelli che avevo intravisto nel sacchetto, ma erano indubbiamente loro. Un po' di terra residua rimaneva comunque intorno al moncone di radice che questi ciuffetti di cicoria selvatica conservavano anche nelle cassette di compensato foderate di cartavelina del negozio. Allora la mia cultura botanica era men che elementare, ma non ci misi molto a scoprire che i ciuffetti erano piante giovani di tarassaco, o dente di leone, l'erba piu' comune e percio' piu' umile che si possa incontrare nei campi coltivati e non.

La mamma al telefono mi confermo' che i piscialetto (cosi' in Toscana) si potevano mangiare in insalata, ma non sembrava entusiasta di quella che anche agli occhi di una cultura povera rimaneva un'erba tra le piu' povere. In Piemonte, da queste parti, ho capito invece in seguito che la raccolta dei "girasoli" e' quasi un culto, e nel mese di marzo i campi umidi e verdi dopo il bianco invernale, sono punteggiati di mature "madamin" che in posizione poco elegante ostentano rotondita' abbondanti, chine sull'oggetto dei loro desideri e ricerche.

Per me, da allora, la raccolta dei "girasoli" e' diventata un rito, un evento atteso per tutto l'inverno perche' foriero della primavera, sintomo palpabile del risveglio della terra, che dopo la lunga apnea dell’inverno ricomincia a respirare e a produrre. Si', lo confesso, ogni marzo mi confondo anch'io con le madamin piemontesi e raccolgo i girasoli, anche se preferisco posizioni piu' comode (inginocchiato o carponi) che mi evitano mal di schiena e colpo della strega al raddrizzamento della curva dorsale (ma loro come faranno? Hanno forse sviluppato una specifica immunità?).

Li raccolgo e li mangiamo, i primi teneri raccolti crudi in insalata, poi quando sono piu' cresciuti (ma sempre con i boccioli, mai con i fiori aperti!), piu' amari, sono ottimi sbollentati e poi ripassati con un po' di olio, aglio e salsa di pomodoro. L'abbondanza delle raccolte consente anche, se hai voglia di stare un paio d'ore a ripulirli, di congelarne un po' per apparecchiare un rustico piatto di verdure anche fuori della loro brevissima stagione. Eh gia’, perche' i tempi della natura non li governiamo, e i girasoli sono buoni solo nel mese di marzo. Prima dormono sotto la terra, e dopo diventano troppo amari e, si dice, anche leggermente tossici (ma questo qualcuno piu' esperto di me lo potra' confermare o smentire, io non l'ho mai capito).

Ho Insalatina di girasoliavuto conferma dell'amore sfrenato per questa verdura selvatica degli anziani di qui (non credo che i giovani vadano pazzi per questo tipo di alimento, cosi' almeno mi par di verificare nei miei figli) qualche anno piu' tardi. In occasione di una festa al rifugio Cibrario, a 2600 metri sotto il monte Lera in Val di Viu', ad agosto, alcuni anziani erano stati portati in questo magnifico posto in elicottero (a piedi ci vogliono circa 4 ore per 1200 m di dislivello, impresa che non e’ alla portata di tutti i vecchietti).

Io, che allora non facevo ancora parte della categoria "vecchi", ero salito a piedi, e dopo la salita mi riposavo su una panca beandomi della vista della cima della Lera e della splendida conca del Pian del Sabbiunin al cui limitare sorge il rifugio, quando ho sentito arrivare il primo elicottero. Appena sbarcato, il gruppo di vecchietti ha estratto velocemente i sacchetti di plastica ed il coltello d'ordinanza e via, a 90 gradi a cercare i parenti montani dei tarassaci di pianura, che ad agosto sono in boccio come i loro cugini a marzo. Il naso per terra come cani da trifola, non hanno drizzato la schiena fino a quando i loro sacchetti sono stati pieni. Dopo, solo dopo, e' cominciata la festa! (Sono Pazzi Questi Piemontesi).

FG