Il cortile del polpo

E' abbastanza risaputo (anche grazie a recenti vicende di polpi veggenti) che i polpi sono animali molto intelligenti, studiati per questo da scienziati che non hanno meglio da fare che nascondere cibo dietro a sportellini colorati per vedere se un polpo sa prendere decisioni sagge. Alcuni sanno anche che un segno, se non dell'intelligenza, almeno di un qualche senso estetico, di queste bestie cosi' radicalmente diverse da noi, e' la loro abitudine di costruire piccoli giardini zen.

Gli scienziati non hanno ancora capito se lo facciano per alleviare lo stress da pesca di telline oppure proprio per abbellire la tana, davanti alla quale costruiscono questi piccoli cortili. Di una cosa pero' gli studiosi sono abbastanza sicuri: i polpi non lo fanno, come gli Ptilonorinchidi, detti anche uccelli giardinieri, per attrarre una polposa femmina con allestimenti sgargianti allettandola ad entrare nella tana destinata a trasformarsi in alcova. Sembra quindi che questa caratteristica non sia un vantaggio elaborato evolutivamente per la conservazione della specie. Tutt'altro! Il giardinetto zen del polpo e' infatti facilmente riconoscibile dai subacquei che ne approfittano per localizzare la preda ed arpionarla (e se lo fanno i subacquei ci sara' pure qualche altro nemico naturale che approfitta di questa debolezza estetica).

I polpi sono una mia passione da quando, all'eta' di undici anni, stanai il primo da un buco in uno scoglio alla spiaggia libera sotto la passeggiata Imperatrice di Sanremo; in quel caso ci riuscii grazie all'aiuto di un paio di forbici prese in prestito dalla mamma, che mi aspettava sulla riva sferruzzando o cucendo qualcosa. Da allora ne ho presi tanti, ed altrettanti mi sono sfuggiti o li ho lasciati andare perche' troppo piccini.

Inizialmente andavo in acqua con una piccola fiocina giocattolo, una specie di forchetta con un manico di legno che consentiva di arpionarli abbastanza agevolmente. Poi, dopo qualche tempo, ho pensato che mi sembrava poco sportivo ed ho deciso di affrontarli più lealmente, ad armi pari. Anzi, proprio pari no: lui e' avvantaggiato perche' ha otto braccia, io sono avvantaggiato perche' grosso cento volte lui. Ma la statistica che ho citato prima, e che corrisponde ad una osservazione ormai quasi cinquantennale, mi dimostra che la lotta a mani nude e' piuttosto equa, e circa la meta' delle volte l'amico riesce a farla franca.

Il polpo e' un animale mimetico, e lo e' in sommo grado. Io, forse anche perche' da sempre un po' sgnorbo per una leggera miopia, non sono assolutamente in grado di individuare, sott'acqua, un polpo fermo su uno scoglio. Ho verificato però che non sono l'unico, provando coi miei figli o con amici: anche se sai dov'e', non lo vedi. Quindi, come fai a scovarlo? I casi sono due: o si fa vedere lui oppure sai dove trovarlo.

Un atteggiamento difensivo della bestia in questione potra' forse funzionare con altri nemici, ma non funziona con me: se gli passi sufficientemente vicino (diciamo a meno di un metro), il polpo si sente minacciato (anche se tu non lo hai proprio visto), allora tenta di farti paura e, qualche volta, ci riesce pure. Infatti all'improvviso, mentre nuoti sottacqua, vedi un pezzo di scoglio o di fondo marino cambiare repentinamente colore, gonfiarsi ed assumere magicamente le sembianze di un polpo incazzatissimo. Il display (come direbbero piu' a Nord) e' veramente impressionante, e se il polpo e' grosso un po' di rispetto in effetti te lo incute. Pero' questo e' l'inizio della sua probabile fine.

In questo caso, tornando in superficie a prender fiato, devi localizzare il punto esatto del fondo in cui lo hai visto (prendendo a riferimento qualche caratteristica del terreno, perche' lui appena ti allontani sparisce di nuovo, ridiventando fondo marino!). Poi, dopo un bel respiro profondo per rendere l'immersione piu' lunga possibile, ti rituffi giu' puntando il punto preciso dove stava. Quando sei proprio li' sopra, a meno di un metro, lui ricompare improvvisamente, ma tu questa volta te lo aspetti. Gli afferri la testa con tutte e due le mani e strappi forte. Deve venire via subito: se si attacca al fondo con tutte e otto le braccia diventa difficile tirarlo su. In quel caso devi avere fiato a sufficienza e tentare di entrargli sotto con le mani, estirpando i tentacoli dallo scoglio cui sembrano incollati. Ma non sempre ci riesci. A volte invece capita che tu ti sia fermato un attimo di troppo a prendere fiato per l'incursione polpicida, mentre lui scivolava in silenzio un po' piu' in la'. Quando scendi, dove ti aspetti di trovarlo ci son solo sassi, e se lui ha percorso piu' di un metro lo hai perso, perche' non si spaventa e quindi non si fa piu' vedere.

Se il polpo non e' in giro a caccia delle citate telline (ma anche di altri molluschi, crostacei o echinodermi) se ne sta tranquillo nel suo rifugio. E la sua casa, quella e' facilmente riconoscibile. La tana e' un piccolo anfratto, di solito al limitare degli scogli, dove il fondo roccioso confina con quello sabbioso. Davanti alla buca, disposti piu' o meno a semicerchio, sassi, resti di chele di granchio, conchiglie di varie fogge e dimensioni: il giardino del polpo. Questa piccola opera, paragonabile ai giardinetti zen in cui dei sassi sono disposti in maniera esteticamente piacevole su un fondo di sabbia, e' ben riconoscibile anche dalla superficie, a quattro-cinque metri di distanza, proprio perche' in netta discontinuita' con la casuale monotonia del fondo marino. Solita operazione di riempimento dei polmoni in quantita' sufficiente a rimanere giu' per un po', poi l'immersione, sperando di trovare in casa l'inquilino. Qui gia' hai una probabilita' minore di 0.5 di trovarlo dentro: Spesso il polpo e' infatti a caccia nei dintorni, oppure ha abbandonato la dimora, e si torna al caso precedente.

Se e' dentro, poi, l'operazione di tirarlo fuori non e' semplice: Nella sua casetta di solito e' difficile entrare con le mani e, se riesci ad entrare, e' difficile afferrarlo (spesso ha un'uscita secondaria) e se lo afferri e' difficile staccarlo: li' lui si appiccica con tutte le sue ventose e se ha una dimensione discreta (diciamo oltre il mezzochilo) tirarlo via e' veramente arduo. Pero' e' la lotta piu' bella, devi stare sotto fino a sentire i polmoni scoppiare. La decisione di lasciarlo li' e' ardua: se sbagli il primo colpo hai praticamente perso le speranze. A volte sono tornato in superficie con le mani sanguinanti per i tentativi di prenderlo e staccarlo dalle rocce del fondo, taglienti per le incrostazioni delle conchiglie che vivono li' attaccate, ma senza la preda. Qualche volta invece ci riesci, soprattutto se lui tentando di spaventarti esce parzialmente dalla tana e si gonfia cambiando colore e spruzzando nuvolette di inchiostro nerastro.

In ogni caso, se riesci a prenderlo ed e' abbastanza grosso da essere degno della pentola, mentre risali in superficie devi agire rapidamente: lui ti si attorciglia con i tentacoli dove puo'. Comincia a farti i succhiotti sulle braccia, e prova ad arrivare con il becco a morderti, e se ci riesce ti fa pure male! Il becco e' del tutto simile, come forma e come consistenza, a quello di un pappagallo, e si trova proprio al centro del fiore dei tentacoli, dove questi si uniscono tra loro. Devi ammazzarlo il piu' velocemente possibile, per evitare pena per te e per lui. Il corpo e' una specie di sacco che contiene gli organi interni: bisogna rivoltarlo come un guanto e strapparli. C'e' la grossa vescica del nero, morbida e iridescente, i grappoli di branchie biancastre, lo stomaco giallo ed altre frattaglie meno identificabili. Un buon cibo per i pesci che in effetti durante questa operazione si azzuffano li' intorno litigandosi i rifiuti. Pero' non basta: lui continua ad appiccicarsi. Se lo vuoi proprio fermare devi morderlo in mezzo agli occhi, dove ci sono i gangli cerebrali. Se mordi nel punto giusto STOP! si affloscia e non succhia piu'. Per gli amanti dell'orrido aggiungero' poi che, se a casa vuoi mangiartelo, quando sei a riva devi sbatterlo con forza sugli scogli per sfibrare la carne che altrimenti rimarrebbe stoppacciosa e dura anche dopo una lunga cottura.

Frequentavo il penultimo anno di liceo a Sanremo, a volte andavo a studiare da un amico "ricco" che aveva un bell'impianto stereo e una bella collezione di LP. Talvolta veniva a studiare li' con noi (in realta' con me, perche' ero molto bravo in matematica ed in pratica le davo lezioni gratuite) anche Lei. Tracagnotta, minigonna che mostrava con generosita' le cosce robuste, bellissimi occhi grandi e verdazzurri, fiato sgradevole e dita gialle da accanita fumatrice di Gauloises Caporal, le piu' forti e puzzolenti. Chissa' se si lasciava accarezzare (ma solo un po') perche' leggermente attratta oppure solo per sdebitarsi dei voti migliori che otteneva dopo queste ripetizioni. In realta' mi pongo il problema per pura vanita', poiche' purtroppo conosco bene la risposta :-(.

Il mio amico sapeva della mia passioncella, ed essendo molto piu' esperto di me in queste questioni, era prodigo di consigli, ma le mie carezze rimanevano goffe e senza alcun risultato piu' sostanzioso. Per agevolarmi ulteriormente nell'impresa, lui metteva su quel magnifico impianto stereo un disco, operazione a suo avviso utile se non indispensabile, poi diceva che doveva assentarsi per un po'. Il disco era quasi sempre lo stesso: secondo lui, se non funzionava quello, dovevo avere qualche grosso problema io (ed aveva ragione). Lo metteva perche' a lui piaceva molto, chissa' se stava poi in ascolto nella stanza vicina... Il disco si chiamava Abbey Road ed aveva in copertina quattro tizi che camminano su un passaggio pedonale. Quando arrivava la canzone del giardino del polpo (Octopus Garden) per un momento smettevo di pensare a quei grandi occhi glauchi da mucchina dolce e ai cosciotti dentro la stretta minigonna stinta di jeans, ed andavo con la testa ai fondali marini, alle mie pinne, alle onde, ai miei polpi e alle battaglie all'ultimo respiro.

Solo poco tempo fa, grazie a Internet, ho scoperto che Ringo Starr aveva saputo di questa storia dei polpi, che costruiscono giardini in fondo al mare con sassi e conchiglie, proprio in Italia, durante una vacanza in Sardegna. Le parole della canzone sono infatti di Ringo e la musica di George Harrison, a differenza della maggior parte delle canzoni dei Beatles. Il cerchio della memoria si e' richiuso: le vecchie forbici, arrugginite per il contatto con l'acqua di mare, i suoi grandi occhi verdazzurri, le tante apnee, il suo odore di tabacco e sudore, le mani sanguinanti, il giradischi/amplificatore marca Grundig, gli sbuffi di nerofumo come improvvise nuvolette scure nell'acqua limpida, lo scorno delle sconfitte ed il piccolo trionfo delle vittorie.

La canzone non e' certo una delle piu' belle dei Beatles, ha una musichina da marcetta infantile, molto accattivante, ed ha delle parole tenere. Ispira il desiderio sognante di una intimita' dolce e complice, lontano dagli occhi del mondo, con una persona speciale.

Chissa' se Lei fuma ancora Gauloises senza filtro, chissa' cosa ne direbbe di una dimora appartata, sotto le onde, in fondo al mare, rinchiusi in una tana angusta dove stringersi e accarezzarsi con otto braccia, baciarsi e succhiarsi con mille ventose... Ma anche lei sara' ingrassata come me, anche i suoi capelli saranno bianchi e le sue mani ruvide. Avremmo poche chances di apprezzare un' intimita' che, se i miei ricordi non mi ingannano, diventerebbe presto insostenibile.

Meglio non pensarci, altri occhi verdi hanno annebbiato il ricordo di quella prima storiella amorosa mai sbocciata. Meglio ripensare alla silenziosa danza hawaiana delle posidonie, accarezzate dalle onde della corrente sottomarina. Meglio ripensare allo stupore per la comparsa improvvisa di un fantasma dagli occhi freddi e assassini la' dove prima c'era solo un sasso. E alla meraviglia di fronte a quelle piccole opere naif costruite da artisti inconsapevoli, alla geometrica eppur casuale bellezza di quei cortili di sassolini, conchiglie ed altri ninnoli regalati dal fondo del mare.

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We would be warm, below the storm             Staremmo al calduccio, durante la tempesta
In our little hideaway beneath the waves       nel nostro minuscolo nascondiglio sotto le onde
...
We would be so happy you and me                Saremmo cosi' felici, io e te,
No one there to tell us what to do                 senza nessuno, li', a dirci cosa fare
I'd like to be under the sea                           Mi piacerebbe essere dentro al mare
In an octopus' garden with you                      Nel cortile di un polpo, con te
In an octopus' garden with you                      Nel cortile di un polpo, con te
In an octopus' garden with you                      Nel cortile di un polpo, con te

 

FG

 

Polpo

Sanremo, Bagni Imperatrice, agosto 1997: Ettore e Roberta con una preda